NULLA VERITAS SINE TRADITIONE


8 novembre 2019

Il vero Vlad Tepes



Secondo le tesi sostenute da Marinescu, lo stereotipo impressosi nell’immaginario collettivo, a seguito della fiction letteraria e dei successivi adattamenti filmici, sarebbe frutto di una distorsione sistematica degli elementi simbolici e mitici genuini rintracciabili nel tessuto della tradizione romena, fino a divenirne un effettivo capovolgimento.

Non si spiegherebbe altrimenti, a detta del saggista, come sia stato possibile trasformare un campione della Croce in accolito del demonio, la bevanda di vita salvifica per eccellenza – il sangue – nel laido nutrimento di un non-morto (che lo sottrae ad altre creature trascinandole nel suo destino di dannazione), il lupo, emblema della “funzione spirituale suprema” e “uno dei più antichi animali sacri dell’umanità”, in sinistro vessillifero delle forze diaboliche. E, di seguito, la caratterizzazione infera della cripta-loculo, custode del sonno diurno del “conte”, l’eros macabro e blasfemo diffuso in abbondanza nelle pagine stokeriane, la valenza invertita attribuita al colore nero.


Il testo di Marinescu è preceduto da una puntuale introduzione di Claudio Mutti (cui si deve pure la traduzione), che traccia un nitido ritratto storico del voivoda transilvano corredato di ragguagli linguistici e note aneddotiche sul presunto ispiratore (l’agente britannico ebreo Hermann Wamberger) del travisamento operato da Stoker.