2 aprile 2011
Giuda Iscariota
“Gesù è il Maestro, la sua Chiesa il vero Tempio,
nonostante Giuda Iscariota uscì papa...“
Scriveva così, più di un secolo fa, il celebre ermetista francese Josephin Peladan. E possiamo solo immaginare cosa avrebbe scritto oggi, se fosse stato vivo negli ultimi cinquant'anni.
Ci chiediamo, infatti, cosa avrebbe pensato nel vedere un vicario di Cristo cambiare i dogmi di una Chiesa millenaria, un altro spianare la strada al Nemico permettendone l'intrusione, ed un altro ancora andare in giro per il mondo a fare il teatrante tra infedeli ed eretici. E cosa avrebbe pensato, poi, nell'apprendere da costoro che “tutte le religioni hanno un fondo di verità”.
Siamo certi che sarebbe inorridito al solo pensiero.
Ma il vero Fedele non deve avere timore, poiché Gesù Cristo tornerà per rimettere ordine, come Egli stesso rivelò a Padre Pio, che ne diede successiva testimonianza in una lettera inviata al suo padre spirituale.
Mio carissimo padre,
venerdì mattina ero ancora a letto, quando mi apparve Gesù. Era tutto malconcio e sfigurato. Egli mi mostrò una grande moltitudine di sacerdoti regolari e secolari, fra i quali diversi dignitari ecclesiastici; di questi, chi stava celebrando, chi si stava parando e chi si stava svestendo delle vesti sacre.
La vista di Gesù in angustie mi dava molta pena, perciò volli domandargli perchè soffrise tanto. Nessuna risposta n'ebbi. Però il suo sguardo si riportò verso quei sacerdoti; ma poco dopo, quasi inorridito e come se fosse stanco di guardare, ritirò lo sguardo ed allorchè lo rialzò verso di me, con grande mio orrore, osservai due lagrime che gli solcavano le gote.
Si allontanò da quella turba di sacerdoti con una grande espressione di disgusto sul volto, gridando: "Macellai!" E rivolto a me disse: "Figlio mio, non credere che la mia agonia sia stata di tre ore, no; io sarò, per cagione delle anime da me più beneficate, in agonia sino alla fine del mondo. Durante il tempo della mia agonia, figlio mio, non bisogna dormire. L'anima mia va in cerca di qualche goccia di pietà umana, ma, ohimè, mi lasciano solo sotto il peso della indifferenza. L'ingratitudine ed il sonno dei miei ministri mi rendono più gravosa l'agonia.
Ohimè, come corrispondono male al mio amore! Ciò che più mi affligge è che costoro, al loro indifferentismo, aggiungono il disprezzo, l'incredulità. Quante volte ero lì lì per fulminarli, se non fossi stato trattenuto dagli angeli e dalle anime di me innamorate...
Scrivi al tuo padre e narragli ciò che hai visto ed hai sentito da me questa mattina. Digli che mostrasse la tua lettera al padre provinciale".
Gesù continuò ancora, ma quello che disse non potrò giammai rivelarlo a creatura alcuna di questo mondo.
Questa apparizione mi cagionò tale dolore nel corpo, ma più ancora nell'anima, che per tutta la giornata fui prostrato ed avrei creduto di morirne se il dolcissimo Gesù non mi avesse già rivelato...
Gesù purtroppo ha ragione di lamentarsi della nostra ingratitudine! Quanti disgraziati nostri fratelli corrispondono all'amore di Gesù col buttarsi a braccia aperte nell'infame setta della massoneria!
Preghiamo per costoro acciocchè il Signore illumini le loro menti e tocchi il loro cuore.
Fate coraggio al nostro padre provinciale, che copioso soccorso di celesti favori ne riceverà dal Signore.
Salutatemi il padre provinciale e ringraziatelo per me delle applicazioni.
Fra' Pio
Pietrelcina, 7 aprile 1913