19 maggio 2012
Vero Ritratto di Gesù
Riprodotto
da quello fatto incidere dall'imperatore Tiberio su smeraldo, già
proprietà del tesoro imperiale di Costantinopoli, caduto in mano ai
Turchi nel 1413 e dal sultano Bajazet II donato a Papa Innocenzo VIII
insieme con la Santa Lancia che ferì il costato del Signore, in
riscatto del proprio fratello fatto prigioniero dalle armi cristiane
a Rodi.
A
questo dolcissimo ritratto iconografico fa riscontro quello
letterario, non meno impressionante, della celebre lettera di Publio
Lentulo, proconsole nella Giudea, allo stesso imperatore Tiberio.
A
Tiberio Cesare salute.
Eccoti
Maestà la risposta che desideri.
E’
apparso da queste parti, un uomo dotato di eccezionale potenza, e lo
chiamano il Grande Profeta.
I
suoi discepoli lo appellano Figlio di Dio. Il suo nome è Gesù
Cristo.
In
verità, o Cesare, ogni giorno si sentono cose prodigiose di questo
Cristo, che risuscita i morti, guarisce ogni infermità e fa stupire
tutta Gerusalemme con la sua dottrina straordinaria.
Egli
è di aspetto maestoso con una splendente fisionomia piena di
soavità, talché coloro i quali lo vedono, lo amano e lo temono a un
tempo. Dicono che il suo viso roseo, con la barba divisa in mezzo, è
di una bellezza incomparabile e che nessuno può fissarlo a lungo per
il suo splendore.
Nei
lineamenti, negli occhi cerulei, nei capelli biondi scuri Egli è
simile alla madre, che è la più bella mesta figura, che si sia mai
vista da queste parti.
Nei
suoi detti decisi, gravi, inoppugnabili è l’espressione più pura
della virtù e di una sapienza che supera di gran lunga quella dei
più grandi genii.
Nel
riprendere e rampognare è formidabile, nell’insegnare ed esortare
è mite, amabile, affascinante.
Cammina
scalzo, a capo scoperto, e in vederlo a certa distanza molti ridono,
ma in sua presenza tremano e stupiscono.
Nessuno
mai lo vide ridere, ma molti lo videro piangere. Tutti coloro che
l’hanno praticato dicono di riceverne benefici e sanità. Però io
sono molestato da maligni, che dicono che Egli sia a danno della Tua
maestà perché afferma pubblicamente che re e sudditi sono uguali
avanti a Dio. Comandami in proposito e sarai prontamente esaudito.
Vale.
Publio
Lentulo