Il contesto storico
13 maggio 2014
I Martiri Cistercensi di Casamari
Mentre al di là del Tevere vengono
canonizzati dei personaggi che hanno mancato al proprio ministero, scendendo a
patti con nemici ed eretici, noi vi raccontiamo la storia di quei veri servi di
Dio che non ebbero esitazione alcuna ad immolare se stessi, piuttosto che tradire
e rinnegare Nostro Signore Gesù Cristo. Eppure, malgrado le centinaia di
miracoli esaurientemente documentati, costoro non sono stati proclamati santi
nè beati. Vergogna!
I Martiri
Cistercensi di Casamari
Casamari, † 13 maggio 1799
Il contesto storico
Il 23 gennaio 1799, le
truppe francesi del generale Championnet occuparono Napoli, proclamando la
Repubblica Partenopea. Nel successivo mese di aprile, i Francesi subirono però
delle sconfitte in Lombardia, nella guerra contro l’Austria, che determinarono
l’abbandono prima di Napoli e poi del Regno delle Due Sicilie. Le truppe di
Championnet iniziarono quindi a risalire la Penisola, lasciando soli i patrioti
della Repubblica Partenopea, che cadde definitivamente il 19-23 giugno, dopo
un’eroica resistenza. Nonostante le promesse fatte dal cardinale Ruffo, il re,
una volta tornato a Napoli, fece condannare a morte più di cento patrioti. Le
truppe francesi, incalzate dall’avanzare del riorganizzato esercito borbonico e
dalla presenza della flotta inglese, ancorata nelle isole di Ischia e di
Procida, presero la via del ritorno, risalendo la strada litoranea attraverso
Gaeta e Terracina. Un distaccamento di circa 15.000 soldati prese però la
strada interna, giungendo il 10 maggio a Cassino, evacuata dagli abitanti,
rifugiatisi sui monti.
La millenaria abbazia benedettina di Montecassino fu
devastata, saccheggiata e profanata, ma, fortunatamente, anche i monaci si
erano messi in salvo, portando via gli oggetti più preziosi.
La ritirata
continuò nella provincia di Frosinone: Aquino, Roccasecca e Arce, furono anch'esse
saccheggiate l’11 maggio. I Francesi, anziché deviare per Ceprano, si diressero
a Isola del Liri, dove, il 12 maggio, perpetrarono ogni sorta di violenza,
saccheggio, profanazione di chiese e distruzioni varie, questa volta con un
efferato eccidio di oltre 500 abitanti, i quali avevano cercato di opporre una
debole resistenza.
Il 13 maggio, mentre la truppa riprendeva la strada per il
nord, un gruppo di venti soldati sbandati penetrò all’interno dell’Abbazia di
Casamari, alla ricerca di altro bottino.
L’Abbazia di Casamari,
posta in una frazione del Comune di Veroli, appartiene all’Ordine Cistercense. In
questo gioiello dell’arte gotico-borgognona, cenobio insigne di spiritualità,
viveva la comunità dei monaci sotto la guida del priore padre Simeone Cardon. Il
13 maggio 1799, il clima era di paura, per le notizie degli eccidi e le
devastazioni perpetrate dalla soldataglia francese. Alle otto di sera, mentre
la comunità si accingeva al canto della ‘compieta’, che precede il grande
silenzio della notte del monastero, il drappello di una ventina di soldati
francesi irruppe all’interno dell’abbazia.
Mentre quasi tutti scappavano
spaventati, cercando un rifugio, sei monaci, coraggiosamente ed eroicamente,
restarono a difesa dell’Eucaristia, tentando di nascondere le sacre pissidi o
riparando alle profanazioni, raccogliendo le particole consacrate disperse
sull’altare e per terra. La soldataglia atea sfogò su di loro la rabbia di non
trovare denaro ed oggetti preziosi, tranne i sacri calici difesi dai monaci, e
a colpi di sciabola, baionetta, fucile, uccise i sei cistercensi prima di
lasciare l’abbazia.
I corpi dei sei martiri furono poi sepolti dai confratelli,
ritornati dopo il pericolo. Attualmente, le loro spoglie riposano nella chiesa
abbaziale. Una serie di bei dipinti, opera di Mario Barberis, custoditi nel
Museo dell’Abbazia, illustrano alcune fasi del martirio. Di seguito, si
elencano i loro nomi, con brevi cenni biografici per ciascuno: Priore padre
Simeone Cardon, padre Domenico Zawrel, fra' Maturino Pitri, fra' Albertino
Maisonade, fra' Modesto Burgen, fra' Zosimo Brambat.
Padre Simeone Cardon
Priore e cellerario,
nacque a Cambrai. Monaco benedettino a Parigi, durante la Rivoluzione, fuggì
dalla Francia e, il 5 maggio 1795, raggiunse rocambolescamente Casamari, dove
vestì l’abito cistercense.
Per bontà ed esemplarità di vita fu nominato prima
economo e successivamente priore dell’abbazia. All’approssimarsi dell’esercito
francese in ritirata, dapprima decise di fuggire con i monaci, ma poi esortò
gli stessi a rimanere.
Il 13 maggio accolse il drappello degli sbandati e
distribuì loro cibo e bevande, ma davanti alla loro furia distruttiva, si
nascose nell’orto. Riavutosi, ritornò nella sua cella, dove fu assalito dai
soldati che reclamavano i tesori del monastero. Fu ferito alla testa ed alle mani,
mentre cercava di parare i colpi di sciabola.
Morì verso le sette del mattino
seguente. Aveva cinque ferite: due colpi di baionetta nel corpo, un colpo di
sciabola nella testa, uno sul braccio destro e uno sulla coscia sinistra.
Padre Domenico Zawrel
Maestro dei novizi, nato a
Codovio, in diocesi di Praga, fu dapprima religioso domenicano della
Congregazione di Santa Sabina di Praga. Arrivò a Casamari nel maggio 1776; il
mese seguente ricevette l’abito di novizio e l’anno dopo professò i voti
solenni.
Nella tragica notte del 13 maggio raccolse per due volte le sacre
specie sparse in terra, prima nella chiesa, poi nella cappella dell’infermeria,
dove rimase in adorazione con altri due confratelli, fra' Albertino e fra'
Desidero. Furono sorpresi da tre soldati, che gettarono per terra le particole,
uccisero con due colpi di sciabola fra' Albertino, ferirono gravemente fra
Desidero, “e infine lasciarono morto ai
loro piedi anche il padre Domenico, dopo avergli tirati più colpi di spada sul
capo ed in altre parti del corpo; subito spirò nella medesima cappella dicendo:
Jesus Maria”.
Fra' Maturino Pitri
Oblato di Fontainebleau,
figlio di uno dei giardinieri del re di Francia, fu arruolato e poi destinato
alla campagna in Italia.
Nel gennaio del 1799 fu colpito da una terribile asma
e da febbre, e fu ricoverato, con altri undici commilitoni, nell’ospedale “La
Passione” di Veroli.
Dichiarato prossimo alla morte, si confessò al Padre
Simeone Cardon, che era capitato nell’ospedale, e gli dichiarò di voler
vestire, se fosse guarito, l’abito cistercense.
Tre giorni dopo, perfettamente
guarito, fu nascosto per una notte nell’appartamento del curato dell’ospedale,
don Giuseppe Viti, e di buon mattino fu poi accompagnato a Casamari.
Il 13
maggio, raggiunto da un colpo di fucile nel corridoio del noviziato, si
trascinò e morì nella sua cella.
Fra' Albertino Maisonade
Corista, francese di
Bordeaux, dopo lo scoppio della Rivoluzione fuggì e si portò a Casamari, dove
fu ricevuto ed ammesso fra i monaci del coro.
Nel novembre del 1792 vestì
l’abito di novizio e nell’anno successivo emise la professione semplice,
secondo un privilegio, allora specialissimo, concesso alla Comunità di
Casamari.
Esemplare negli atti di vita comunitaria, manifestò sempre una
devozione profonda per l’adorazione del Sacramento dell’altare. Il 13 maggio,
all’arrivo dei francesi, invece di fuggire si ritirò in adorazione davanti al
Santissimo Sacramento, che era stato profanato nuovamente nella cappella
dell’infermeria.
Raggiunto dai soldati francesi, fu colpito e finito a colpi
di sciabola sul posto, con padre Domenico Zawrel.
Fra' Modesto Burgen
Converso, francese di
Borgogna, fu dapprima religioso nell’abbazia cistercense di Settefonti. Durante
la Rivoluzione, fuggì e si portò a Casamari, dove fu accolto fraternamente. Nel
gennaio 1796 fu ammesso al noviziato e nell’anno seguente emise i voti
semplici. Anch’egli religioso di vita esemplare, in quell’infausto 13 maggio fu
inseguito nel corridoio del noviziato, dove fu raggiunto da un colpo di fucile
e poi finito a colpi di sciabola.
Fra' Zosimo Brambat
Converso, milanese di
nascita, chiese, alla fine del 1792, di essere ricevuto in Casamari. Trascorse
due anni, secondo la consuetudine, con l’abito di oblato. Nel novembre 1794 fu
ammesso al noviziato e nell’anno successivo emise la professione semplice nelle
mani dell’abate Pirelli.
In quel terribile 13 maggio 1799 fu dapprima
raggiunto da un colpo di fucile e poi da colpi di sciabola mentre, nel disbrigo
di un’obbedienza, “passava per la saletta per andare in refettorio, e avanti la
scala della farmacia”.
Riuscì tuttavia a nascondersi, ma tre giorni dopo, il
16 maggio, morì poco fuori delle mura del monastero, dopo essersi incamminato
alla volta di Boville per ricevere il sacramento dell’Unzione degli infermi.
(Tratto da un articolo di Antonio
Borrelli)