NULLA VERITAS SINE TRADITIONE


14 ottobre 2012

I Templari



La bibliografia sui Templari è ricchissima ma spesso di dubbia qualità. Il lavoro di Alain Demurger, serio e documentato, colma l'assenza di una storia critica e scientifica dell'Ordine del Tempio, orientata a ridare all'istituzione il significato che le fu proprio: una delle creazioni più originali dell'Occidente medioevale del XII secolo.
L'autore si propone di ricostruire la vicenda dei "poveri cavalieri di Cristo" ricollegandola sia ai propri fondamenti religiosi-ideologici sia alla temperie della condizione politica estera negli anni a cavallo del XI - XII secolo, dove all'interno della cristianità si rafforzò l'idea di una crociata volta alla riconquista degli spazi legati alla figura di Cristo, in primo luogo Gerusalemme. La prima parte, appunto, tratta della nascita dell'ordine, voluta da due oscuri cavalieri, Ugo di Payns e Goffredo di Saint-Omer, in piena sintonia con le autorità regie di Gerusalemme, preoccupate dalla scarsa presenza di popolazioni latine negli stati cristiani d'oriente. L'iniziativa rispondeva anche a bisogni spirituali avvertiti come decisivi: rinunciare al secolo e dedicarsi alla preghiera e all'ascesi. Ciò che ci fu di realmente originale nell'istituzione dell'ordine del Tempio - e ancor prima in quello degli Ospitalieri - fu la conciliazione di due ambiti che fino ad allora erano rimasti nettamente distinti, il bellatores e l'oratores; in tal modo l'ideologia della crociata s'incarnava stabilmente in una determinata figura e perdeva il suo carattere di provvisorietà. Tale riunione, come l'autore dimostra, fu la conseguenza di un processo secolare di riflessione del cristianesimo sulla guerra che, in sintesi, centralizzò la propria attenzione non sull'evento in sé ma su suoi autori, arrivando a definire alcuni casi di guerre ritenute legittime e degne di essere combattute da un cristiano. Lo schema tripartito della società inserì definitivamente il cavaliere all'interno del cosmo voluto da Dio ed, anzi, cristianizzò attraverso complesse procedure simboliche il cavaliere stesso, proponendogli un modello di ascesi adatto al suo status. La logica del templare è precorritrice della logica del cavaliere.

L'istituto nacque tra il 1119 e il 1120 con la precisa finalità di proteggere i fedeli che si recavano in pellegrinaggio a Gerusalemme. Ben presto i Templari assunsero il ruolo di veri e propri difensori degli spazi di frontiera dei regni latini d'oriente, pagando un tributo altissimo di sangue, ma diventando elementi insostituibili nella difesa delle conquiste della prima crociata. Fu San Bernardo di Chiaravalle, nel suo De Laude, a chiarire definitivamente il ruolo dei Templari: essi avevano il compito speciale di proteggere i luoghi appartenuti all'esperienza terrena di Cristo. Compito estremamente complesso perché, ed è questo un motivo centrale del libro, ad un certo punto l'ideologia del crociato e quello del templare iniziarono a non collimare più: mentre per i primi, desiderosi di compiere il "Santo Passaggio", era essenziale combattere contro l'infedele anche cercando una valorosa morte in battaglia che, come affermato da San Bernardo, non andava temuta bensì ricercata, l'Ordine del Tempio, assieme alle autorità locali, ben presto comprese come la salvaguardia degli stati latini d'oriente potesse avvenire unicamente attraverso la mediazione e l'accordo, non il conflitto perenne. Si determinò così un'incomprensione destinata ad essere uno dei tanti capi d'accusa avanzati da Filippo il Bello e Guglielmo di Nogent nel processo del 1304.

Un secondo nucleo concettuale è rappresentato dall'analisi dell'articolazione socio-economica che garantiva il costante ricambio di uomini e mezzi. Il ruolo economico raggiunto dal Tempio nel XII e XIII secolo fu d'indubbia rilevanza. Il suo patrimonio fondiario si estendeva su gran parte dell'Europa occidentale e aveva come elemento essenziale la magione o la commenda, centro di vita capace sia di ricavare un surplus da spedire in Oriente, sia di estendere la propria influenza sulla regione circostante e attirare, di conseguenza, vocazioni. La tipologie di insediamento erano estremamente variegate e tennero conto dei contesti socio-economici nei quali si situavano. L'ordine, in accordo con le coeve esperienze cistercensi e cluniacensi, divenne molto spesso sede di una vera e propria "banca agricola", gestitrice dei fondi per conto di terzi, ma anche prestatrice di denaro, talvolta con interesse. La fitta rete di donazioni e acquisizioni contribuì a creare la leggenda di una straordinaria ricchezza dei Templari che, a suo tempo, diventerà fonte di pesanti accuse contro coloro che avevano fatto voto di povertà. In realtà l'autore dimostra efficacemente come tale convinzione alimentata da gelosi chierici secolari sia da ridimensionare e, soprattutto, come tutto ciò che si ricavava in Occidente servisse da sostegno logistico per le continue guerre negli stati latini d'oriente. L'ultima parte del libro è rappresentata dall'esplorazione delle ragioni per le quali la Francia di Filippo il Bello volle la soppressione dell'Ordine. L'autore correttamente non ricostruisce la storia dei Templari attraverso il processo, ma compara questa esperienza con le contemporanee realizzazioni degli Ospitalieri e dell'Ordine Teutonico. Se ne ricava un quadro che é assai più mosso rispetto alla pervicace volontà di soppressione del monarca francese e del suo entourage, perché le ragioni dell'improvvisa e violenta fine dei Templari vanno innanzitutto ricercate nelle progressive sconfitte che gli stati latini subirono in Oriente e nella lenta, ma avvertibile, modificazione dell'ideologia crociata. L'ultima grande vittoria cristiana sul mondo arabo fu nel 1191 con la conquista di Acri. La situazione nel XIII secolo divenne drammatica: gli stati d'occidente assistettero impotenti e profondamente divisi alla scomparsa lenta e progressiva di tutte le precedenti conquiste in Terra Santa, senza che fosse organizzata un'offensiva comune. Nel 1225 la corona di Gerusalemme risiedette in Sicilia sul capo di Federico II, poi diverrà angioina nel 1285, alla morte di tutti gli eredi dell'imperatore di Svevia. Di fronte a questa situazione gli ordini militari furono l'unica forza organizzata capace di opporre resistenza, in un periodo, però, in cui si affacciarono i primi dubbi sul valore della crociata. Ai Templari furono rimproverate di volta in volta la loro prudenza, i loro troppo frequenti contatti con il mondo musulmano, la loro avidità e il loro orgoglio. Accuse comuni anche agli altri ordini, ma che per Templari divennero fatali.

Perché il tempio? Esso fu al centro di una complessa partita che da un lato vedeva come protagoniste le nascenti monarchie nazionali di Filippo il Bello, Giacomo II, Edoardo I e Edoardo II, dall'altro l'autorità del pontefice. L'esito del processo non fu affatto necessario ma frutto di diverse circostanze e della gravissima responsabilità degli alti dignitari del Tempio che non seppero comprendere come dietro la battaglia lanciata contro l'ordine si celava uno scontro ormai decisivo tra autorità regia e autorità papale.
La caduta d'Acri nel 1291 rappresenta, secondo l'autore, un vero e proprio crocevia. Mentre gli Ospitalieri e i Teutonici seppero comprendere che in tale situazione l'unica possibile ancora di salvezza era la creazione di uno stato teocratico, per i primi a Rodi, per i secondi in Prussia, i Templari mantennero fede alla loro dimensione extraterritoriale, sorta di "Stato nello Stato, Chiesa nella Chiesa", affidandosi al loro principale protettore il pontefice, che nella bolla pontificia Omne datum optimum del 1139 aveva avocato a sé la giurisdizione dell'ordine sottraendola a quella dei vescovi e facendone un corpo militare direttamente rispondente ai suoi voleri. Un ordine armato era, però, impensabile alla fine del XIII secolo, momento di grande rafforzamento dell'autorità regia, che voleva ridurre i particolarismi e sopportava malvolentieri aree sulle quali non poteva esercitare compiutamente la propria giurisdizione.

Le accuse mosse ai Templari prese singolarmente non avrebbero potuto dimostrare nulla, ciò che risultò decisivo fu la volontà politica di trasformare mancanze disciplinari in un complesso e coerente bagaglio d'imputazioni legate all'eresia, rendendo manchevolezze riscontrabili in ogni ordine monastico reati sacrileghi. Spiccò dietro quest'operazione Guglielmo di Nogent che seppe ricavare le proprie prove attraverso un uso accorto ed abile della tortura, procedura giudiziaria organizzata in modo definitivo nel 1235 e affidata agli ordini mendicanti, domenicani e francescani, e che in processo venne per la prima volta usata diffusamente. Nel 1314 l'ultimo Gran Maestro, Giacomo di Molay, periva al rogo dichiarando la propria innocenza, abbandonato dal pontefice, suo principale protettore. Le motivazioni del monarca sono tuttora oggetto di ricerca e studio. L'interpretazione fornita dall'autore muove intorno alla volontà del re francese di guidare e organizzare una nuova crociata, promessa nel 1312 nel concilio di Vienne. Per attuarla occorrevano fondi ed uno strumento militare adeguato: di qui l'idea più volte espressa in diversi ambienti di fondere i due ordini, templare e ospitaliero e porli a capo di un rex bellator non sposato. Probabilmente Filippo, nipote di San Luigi, morto in crociata, figlio di Filippo III anch'egli morto in crociata (contro gli aragonesi) intendeva ricoprire tale incarico. Ciò segnava la condanna del Tempio.
"Gli ordini militari internazionali costituivano un ostacolo per lo sviluppo delle monarchie centralizzate. Essi non hanno una collocazione nello stato moderno: devono sottomettersi o sparire. Il Tempio e stato il capro espiatorio. Se abbia pagato per gli altri ordini, ha tutto sommato scarsa importanza: l'Ospedale era un ordine caritativo; pur senza mutare il proprio statuto ha saputo convertirsi (Rhodes)" (p.277). In sintesi questo è il nocciolo dell'argomentazione di un lavoro che ricostruisce e riflette la parabola di un'istituzione originale; lavoro d'indubbia qualità perché tiene costantemente unite l'esperienza templare e le altre consimili, ridandoci la percezione che i contemporanei avevano di queste realtà avvertite da subito come singolari. Ottimo libro il quale dovrebbe essere affiancato da un lavoro che, come ricorda lo stesso Demurger, ricostruisca la storia della leggenda templare nei secoli, perché lo storico non si occupa solamente del vero; si occupa anche del falso quando sia stato creduto vero; si occupa anche dell'immaginario e del sogno. Soltanto, si rifiuta di confonderli.

Dall’introduzione a “Vita e morte dell’Ordine dei Templari”, di Alain Demurger.