NULLA VERITAS SINE TRADITIONE


24 dicembre 2010

Christus Vincit !



Le XXe siècle a rassemblé toutes les forces les plus hostiles au Christianisme
pour tenter d'éteindre le Soleil Eucharistique,
aussi bien parmi les baptisés en voie de paganisation
que parmi les authentiques Chrétiens,
laissés dans l'ignorance des merveilles de leur Histoire
et de la beauté surnaturelle des dogmes catholique.

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Il ventesimo secolo ha raccolto tutte le forze più ostili al Cristianesimo
nel tentativo di spegnere il Sole dell' Eucaristia,
sia tra i battezzati in cerca di paganizzazione che tra i Cristiani autentici,
lasciati nell'ignoranza delle meraviglie della loro Storia
e della soprannaturale bellezza del dogma cattolico.


3 dicembre 2010

Perchè piangi, o Asclepio ?




6 novembre 2010

Mons. Marcel Lefèbvre



Noi aderiamo con tutto il cuore e con tutta l'anima alla Roma cattolica custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie al mantenimento della stessa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verità.
Noi rifiutiamo, invece, e abbiamo sempre rifiutato di seguire la Roma di tendenza neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata chiaramente nel Concilio Vaticano II e dopo il Concilio, in tutte le riforme che ne sono scaturite.
Tutte queste riforme, in effetti, hanno contribuito e contribuiscono ancora alla demolizione della Chiesa, alla rovina del Sacerdozio, all'annientamento del Sacrificio e dei Sacramenti, alla scomparsa della vita religiosa, a un insegnamento neutralista e teilhardiano nelle università, nei seminari, nella catechesi, insegnamento uscito dal liberalismo e dal protestantesimo più volte condannati dal magistero solenne della Chiesa.
Nessuna autorità, neppure la più alta nella gerarchia, può costringerci ad abbandonare o a diminuire la nostra fede cattolica chiaramente espressa e professata dal Magistero della Chiesa da diciannove secoli.
"Se avvenisse - dice San Paolo - che noi stessi o un Angelo venuto dal cielo vi insegnasse altra cosa da quanto io vi ho insegnato, che sia anatema" (Gal. 1,8).
Non è forse ciò che ci ripete il Santo Padre oggi? E se una certa contraddizione si manifesta tra le sue parole e i suoi atti, così come negli atti dei dicasteri, allora scegliamo ciò che è stato sempre insegnato e non prestiamo ascolto alle novità distruttrici della Chiesa.
Non si può modificare profondamente la lex orandi senza modificare la lex credendi. Alla messa nuova corrisponde catechismo nuovo, sacerdozio nuovo, seminari nuovi, università nuove, Chiesa carismatica, pentecostale, tutte cose opposte all'ortodossia e al magistero di sempre.
Questa riforma, essendo uscita dal liberalismo e dal modernismo, è tutta e interamente avvelenata; essa nasce dall'eresia e finisce nell'eresia, anche se non tutti i suoi atti sono formalmente ereticali. E' dunque impossibile per ogni cattolico cosciente e fedele adottare questa riforma e sottomettersi ad essa in qualsiasi maniera.
L'unico atteggiamento di fedeltà alla Chiesa e alla dottrina cattolica, per la nostra salvezza, è il rifiuto categorico di accettazione della riforma. Per questo, senza alcuna ribellione, alcuna amarezza, alcun risentimento, proseguiamo l'opera di formazione sacerdotale sotto la stella del magistero di sempre, persuasi come siamo di non poter rendere servizio più grande alla Santa Chiesa Cattolica, al Sommo Pontefice e alle generazioni future.
Per questo ci atteniamo fermamente a tutto ciò che è stato creduto e praticato nella fede, i costumi, il culto, l'insegnamento del catechismo, la formazione del sacerdote, l'istituzione della Chiesa, della Chiesa di sempre e codificato nei libri apparsi prima dell'influenza modernista del Concilio, attendendo che la vera luce della Tradizione dissipi le tenebre che oscurano il cielo della Roma eterna.
Così facendo siamo convinti, con la grazia di Dio, l'aiuto della Vergine Maria, di San Giuseppe, di San Pio X, di rimanere fedeli alla Chiesa Cattolica e Romana, a tutti i successori di Pietro e di essere i fideles dispensatores mysteriorum Domini Nostri Jesu Christi in Spiritu Sancto. Amen.
+ Marcel Lefèbvre,
21 novembre 1974, nella festa della Presentazione di Maria SS.ma

3 ottobre 2010

La Messa che più ci piace



Come insegna il Concilio di Trento, la Messa è la ripresentazione del sacrificio stesso della Croce rinnovato misticamente sotto le apparenze del pane e del vino che diventano Corpo e Sangue di Gesù Cristo, tramite il ministero del Sacerdote. Tale Sacrificio della nuova ed eterna alleanza venne istituito e celebrato per anticipazione nel corso dell’Ultima Cena e realizzato in modo cruento sul Calvario. Messa e Calvario sono dunque il medesimo sacrificio, perché lo stesso Sacerdote offre la stessa Vittima nei due casi. Se sul Calvario Nostro Signore acquistò i meriti e le grazie per la salvezza del genere umano, è nella Messa che li distribuisce e li applica; e se sulla Croce offrì se stesso senza strumenti, nella Messa utilizza il Sacerdote umano Suo ministro. Quest’istituzione del Sacerdozio, tramite la quale degli uomini partecipano al Sacerdozio del Figlio di Dio incarnato, è contemporanea all’istituzione del Sacrificio, poiché nell’Ultima Cena il Cristo trasmise questo dono ai suoi Apostoli con il comando “Fate questo in memoria di me”. La Messa è rinnovazione di quel Sacrificio della Croce, e per ciò stesso fa memoria delle sofferenze patite dal Cristo ormai glorioso in quel Venerdì di Parasceve.

Quattro sono i fini del Sacrificio della Croce, e quindi di quello della Messa: la latria o adorazione, cioè l’atto di sottomissione a Dio e di riconoscimento della Sua assoluta sovranità; il ringraziamento per i benefici ricevuti; la propiziazione, cioè la supplica per ottenere il perdono dei peccati anche quanto alle pene che ne derivano, sia per noi sia per i defunti; e l’impetrazione, cioè la richiesta di grazie e di aiuti. Il Sacrificio è offerto a Dio solo, anche se può essere celebrato in onore dei Santi e richiedendo la loro intercessione.
La parte essenziale della Messa è la consacrazione del pane e del vino che diventano il Corpo e il Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. Questa parte fu istituita da Gesù stesso dopo l’Ultima Cena, il Giovedì Santo, e da sola basta a produrre il Sacrificio della Croce.
Gli Apostoli e la Chiesa hanno aggiunto in seguito numerosi altri gesti e preghiere che servono a far capire meglio quello che succede nella Consacrazione, e ad esprimere le verità della fede concernenti in particolare il Sacrificio stesso, il Sacerdozio e la Presenza reale del Cristo nell’Eucaristia.
Il rito della Messa ha due parti principali: una istruttiva e l’altra sacrificale. Nella prima, cui anticamente erano ammessi anche i catecumeni, cioè coloro che si preparavano al Battesimo, si dispongono le anime al Sacrificio con preghiere, letture e predicazione. Nella seconda, riservata ai battezzati, avviene il mistero del Sacrificio di Gesù Cristo.

4 settembre 2010

Atlantide in Italia



«Stupisce - afferma il prof. Domenico Rotundo - che l’Agro Reggino, la terra più mitica d’Italia e d’Europa non sia stata oggetto di studio da chi, anche attraverso il mito, cerca di riconoscerne le verità contenute nei simboli, di ricostruire la storia dell’uomo, in particolare la storia delle origini postdiluviane, nella sua dimensione nascosta, quella che gli Antichi, gli Iniziati, hanno voluto occultare con le favole per meglio confondere i profani».

«Noi – prosegue lo studioso - abbiamo tentato di farlo, ci sembra con risultati apprezzabili. Siamo così pervenuti alla conclusione che l’élite sopravvissuta allo sprofondamento dell’Atlantide, dopo il Diluvio, si stabilì in Italia (già colonia del continente scomparso, come ha tramandato Platone) portando in salvo la Tradizione sapienziale, restaurando l’Età dell’Oro (Saturno e Giano-Enotrio) e la Regalità iniziatica (v. anche il mitico approdo in Italia, con la sua Arca, di Giano o Giove Licaone, il Giove del Diluvio). Da qui la localizzazione, nell’Agro Reggino e dintorni (che non a caso si trova al centro esatto del Mediterraneo e dove si verificano fenomeni naturali unici), del Regno di Italo (Giano-Noè), dei “Regni della Vita” da cui Vitalia, Italia), del Giardino delle Esperidi, dell’ “Origine degli Dei”, della Stanza delle Sirene e delle Nereidi, dei Campi del Sole dove pascolavano i “buoi” (nell’arcaica lingua greca=uomini e dunque uomini iniziati destinati a ripopolare e ricivilizzare il mondo, come scrive Catone nelle “Origini”) sacri ad Apollo, della dimora di Re Artù e della Fata Morgana (come non senza ragione ritenevano i Normanni), dell’incantato Castello di Klingsor…

Ce lo conferma non solo la tradizione classica, ma anche la tradizione nordica e celtica, quella mesopotamica, fenicia, ebraica, persiana, egizia, quella indoaria e persino, indirettamente, quella americana precolombiana. Fu, dunque, l’Agro Reggino il luogo di nascita del Giove storico (da cui anche Ovitalia, “Terra di Giove”) e del suo divin Figlio, Dioniso-Osiride. Non a caso, secondo i Pitagorici, il “Phallus” apportatore di Vita di Dioniso smembrato dai Titani, sarebbe approdato in Italia (Dioniso era detto “regnante in Italia” da Sofocle, era appellato “Reggino” da Orfeo di Crotone e dal neopitagorico Proclo, e dai Greci era ritenuto “il protettore della Grande Italia”).
E fu in Italia (nell’arcipelago delle Pelagie e di Malta allora unite) che Osiride-Dioniso fu crocefisso, esattamente come Gesù, il nordico Wotan-Odino e l’equivalente americano - persino nel nome - Wotan Odon. Tutto ciò, oltre a confermare quanto tramandato da Catone e cioè che l’Impero italico (di cui fu erede l’Impero Romano) al tempo dell’Età dell’Oro postdiluviana si estese in ogni angolo della Terra, si accorda con le antiche iscrizioni accadiche e sumere secondo le quali “all’epoca del Diluvio la Sovranità Celeste scese sulla Terra” e si sacrificò per la salvezza degli uomini. Non senza ragione Roma (i cui sommi sacerdoti o Cureti, residenti nella “Curia Calabra” presso la Reggia di Romolo, come tramandano Proclo e Callimaco, venivano scelti esclusivamente fra i Reggini, famosi per la pietà verso gli Dei, i quali si erano presi cura di Giove Fanciullo) divenne la sede per eccellenza del Rappresentante sulla Terra di Gesù Cristo, discendente diretto di Saturno Sabazio o Dioniso, equivalente a Sem, capostipite degli Arabi e degli Ebrei, i quali chiamavano l’Italia “l’Isola della rugiada divina” e la “Grande Terra”.

Non senza ragione Omero localizzò nell’area dello Stretto di Messina il favoloso Regno dei Feaci la cui capitale Skeria (Reggio) fu anche la patria dimenticata di Ulisse (nipote del reggino Eolo, Re dei Venti) che vi ritornò a morire; quegli stessi Feaci che nell’Agro Reggino custodivano gelosamente il Corno di Amaltea nutrice di Giove, il Vello d’Oro conquistato dall’eolide Giasone (Diomede) nel Giardino delle Esperidi, la Coppa del Graal… Ed è da quei Feaci o Sicani o Ausoni eredi di Atlantide (il cui nome risuona in quello di Italia: lo stesso Italo primordiale fu detto pure Saturno-Atlante) che discendevano i Troiani, i Galli-Celti, i Dalmati, gli ultimi Grecanici di Gallicianò in Aspromonte…

Nel volume si tratta anche, fra l’altro, della vera identità della dea Roma, figlia di Italo, e della vera identità del Nettuno che creò lo Stretto di Messina; del carattere solare-olimpico, legato ai miti delle origini, dell’arcaica cultura greco-reggina (da cui i Bronzi di Riace) e della sua diffusione nell’intero bacino del Mediterraneo e nell’Europa del Nord; della storia di Reggio prima di Anassilao, ricostruita anche sulla base dei miti; degli intensi rapporti fra la Città della Fata Morgana e l’Egitto dei Faraoni, nonché dai fraterni legami fra la stessa, Alessandria d’Egitto (progettata dal pitagorico reggino Diocle) e Roma».

6 giugno 2010

Prima che sia troppo tardi



E' un mistero che gran parte della Chiesa sia potuta cadere nell’apostasia. Un tale evento non sarebbe potuto accadere in una Chiesa ove i fedeli avessero ricevuto una sana istruzione tradizionale della Dottrina Cristiana e fossero cresciuti nella pratica delle virtù Cristiane. Non sarà la Nuova Evangelizzazione, ma l’aderenza alla Tradizione ciò che manterrà salda la fede di un Cattolico, come spiega San Vincenzo di Lerins: «Se un nuovo contagio tenta di avvelenare non solo una parte, ma tutta la Chiesa allo stesso tempo, allora ciò che un Cattolico deve fare, ovvero la sua più grande preoccupazione, è quella di aderire e conformarsi a ciò che è antico e che quindi non può più essere modificato da alcuna nuova bugia».

Sfortunatamente, i Cattolici al giorno d’oggi non sono più istruiti nella Tradizione Cattolica antica o nell’ortodossia, non seguono più il Catechismo tradizionale, ma quello nuovo del magistero vivente e della "tradizione vivente" della Chiesa Conciliare della Nuova Evangelizzazione. Il "rinnovamento post-conciliare", che è stato portato avanti come un "aggiornamento", ovvero l’implementazione delle riforme post-conciliari, ha prodotto la "perdita della Fede" ed il "disorientamento diabolico" che il precedente Vescovo di Fatima (Cosme do Amaral) e Suor Lucia hanno definito essere gli elementi centrali del Terzo Segreto di Fatima.

* * *

«Sento intorno a me degli innovatori che vogliono smantellare la Sacra Cappella, distruggere la fiamma universale della Chiesa, rigettare i suoi ornamenti, procurare il rimorso per il suo passato eroico!
Ebbene, ho la convinzione che la Chiesa di Pietro debba appropriarsi del proprio passato, altrimenti si scaverà Lei stessa la tomba...
Verrà un giorno in cui il mondo civilizzato rinnegherà il suo Dio, in cui la Chiesa dubiterà, come Pietro ha dubitato. Sarà tentata di credere che l’uomo è diventato Dio, che Suo Figlio non è che un simbolo, una filosofia come tante altre e, nelle chiese, i cristiani cercheranno invano la lampada rossa dove Dio li aspetta, come la peccatrice che gridò davanti alla tomba: dove lo hanno messo?»
Card. Eugenio Pacelli (Pio XII)

S.S. Pio XII (P.M. 1939-1958)

«Non vi lasciate sorprendere da questi nuovi riformatori. Li chiami pure il mondo menti superiori, ingegni potenti, coscienze illibate, fulgide intelligenze, ma Cristo li ha giudicati tutti con questa sentenza: “Chi parla di proprio suo movimento, cerca la sua gloria; invece è verace e degno di fede soltanto chi cerca la gloria di Colui che lo ha mandato, ed è incapace di tradire i suoi uditori»

«Gli artefici di errori non cerchiamoli, oggi, tra i nemici dichiarati. Essi si nascondono nel seno e nel cuore della Chiesa!»
San Pio X

S.S. San Pio X (P.M. 1903-1914)

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«L'errore cui non si resiste, viene approvato; la verità che non viene difesa, viene oppressa»
San Felice III

1 maggio 2010

Un Grande di tutti i tempi: Goffredo di Buglione



Campione delle virtù cristiane e cavalleresche e grande condottiero del primo esercito crociato, discendente di Carlo Magno, Goffredo conte di Buglione, duca della Bassa Lorena, è personaggio sospeso, come e più dell’illustre avo, tra il mito e la storia. Prestissimo il suo nome, la sua figura, le sue azioni entrano nella leggenda e la letteratura se ne appropria. Al pari dei paladini di Carlo Magno e dei cavalieri della Tavola Rotonda, egli è protagonista, nelle chansons de geste, di imprese straordinarie e gloriose. Dante colloca «il duca Gottifredi» nel cielo di Marte, tra gli spiriti militanti. Tasso gli dedica il suo grande poema, che si apre proprio con l’immagine di lui:

Canto l'arme pietose e 'l capitano
che 'l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co 'l senno e con la mano,
molto soffrí nel glorioso acquisto;
e invan l'Inferno vi s'oppose, e invano
s'armò d'Asia e di Libia il popol misto.
Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
segni ridusse i suoi compagni erranti.

Ma Goffredo di Buglione è figura di concreta realtà storica e di grande rilievo nel panorama medievale. La ricostruzione rigorosa del profilo autentico del conquistatore di Gerusalemme, mentre offre la necessaria alternativa alle interpretazioni, e talvolta le deformazioni letterarie, consente il recupero di un personaggio effettivamente straordinario, uomo d’azione e di fede, volitivo e prudente, valoroso combattente e abile stratega, ma anche politico accorto, profondamente motivato e deciso nella sua azione quanto indifferente ai vantaggi personali e agli onori. Condottiero incontrastato, prima, di una delle tre armate che nel 1096 mossero dall’Europa verso Gerusalemme, poi capo effettivo dell’intero esercito crociato che nel 1099 diede l’assalto definitivo alla città santa e la riportò sotto il dominio cristiano, egli fu il realizzatore, più o meno consapevole, di un progetto politico di lungo periodo che avrebbe avuto conseguenze di grande portata nella successiva storia dell’Occidente e dell’Oriente. Appena un anno dopo che il vessillo cristiano era stato portato sulle mura di Gerusalemme, Goffredo morì improvvisamente, a poco più di quarant’anni. Nel frattempo, se pur brevissimo, tuttavia, aveva avuto la possibilità di consolidare militarmente e politicamente la sua conquista, sbaragliando fra l’altro ad Ascalona l’esercito egiziano che era venuto al contrattacco: in meno di un anno aveva posto le fondamenta di un nuovo Stato, propaggine dell’Europa cristiana nell’Oriente musulmano, destinato a durare più di un secolo e mezzo. Ma per sé egli non chiese altro che il titolo di «avvocato – cioè difensore – del Sacro Sepolcro». Un gesto che apparve nobilissimo, e avrebbe alimentato la sua leggenda di uomo pio e schivo, quale viene rappresentato nell’opera tassiana.

2 aprile 2010

Pasqua del Signore



Per noi cristiani, la Pasqua è la dimostrazione reale che la Resurrezione non era la vana promessa di un uomo ritenuto dai suoi contemporanei un esaltato o, come è stato definito in seguito, un semplice “iniziato”.
La Resurrezione è la dimostrazione massima della divinità di Gesù Cristo, e non uno dei numerosi miracoli fatti nel corso della sua vita pubblica a beneficio delle tante persone che credettero in Lui. Questa volta è Gesù stesso, in prima persona, che indica il valore della sofferenza, comune a tutti gli uomini. Soltanto per merito della Morte e Resurrezione di Cristo può esservi certezza della Redenzione, proprio perché Egli, morendo, ci ha liberati dai peccati e, risorgendo, ci ha restituito i beni preziosi che avevamo perduto.

Se ogni tanto si fermasse a pensare al sacrificio di Gesù Cristo, Nostro Signore, l'intera umanità sarebbe senz'altro migliore di quello che è.

Un caro augurio di Buona Pasqua.

N.H. Cav. Luciano Fortunato Sciandra

18 marzo 2010

Ricordo di Pierre Plantard


Pierre Plantard
(Parigi, 18 marzo 1920 – Colombes, 3 febbraio 2000)
fondatore della
Cavalleria di Istituzione e Regola Cattolica e di Unione Indipendente Tradizionalista

2 febbraio 2010

La Tradizione Cattolica



Che cos’è una tradizione e quindi la Tradizione? Se volessimo definirlo, questo concetto, come orientarci? Ed esiste, la Tradizione, nel nostro caso cattolica, che tutti i credenti sono tenuti a seguire?
Sul concetto di tradizione ci sembra di poter affermare quanto segue. L’idea stessa di tradizione racchiude quella di determinati valori, che vengono tramandati e mantenuti nel corso delle generazioni.
Tramandati e mantenuti, quindi insegnati e fatti rispettare come valori che costituiscono il fondamento inalterabile di una determinata concezione del mondo e quindi del modo di essere e di vivere di una determinata società. La tradizione si sostanzia infatti nel costume. Qui non si lascia spazio ad una determinazione soggettiva di che cosa sia il valore: il valore mantenuto dalla tradizione è proprio quello che si impone per il fatto stesso di fondare la tradizione e di appartenerle, al di sopra e al di là di quello che possano pensarne i singoli individui, che anzi devono riconoscerlo ed ottemperarvi. I valori espressi nella tradizione costituiscono la verità della tradizione stessa. Però essi sono sentiti nello stesso tempo come degni di appartenere alla tradizione per il fatto di esser veri, perché si ritiene che in essi si esprima una verità di carattere religioso e morale o solo religioso o solo morale o morale e politico o solo politico od infine solo di costume: una verità comunque oggettiva, che appartiene alla cosa in quanto tale, indipendentemente dal flusso e riflusso delle opinioni e degli eventi. La verità che si sente nei valori della tradizione equivale alla loro conformità all’idea della giustizia: i valori della tradizione sono giusti, questa è la loro verità, ed è giusto osservarli e conservarli.

A questo concetto di tradizione, che possiamo considerare fondato sulla recta ratio e sul senso comune, il Cattolicesimo che cosa aggiunge? Quali sono i caratteri in base ai quali possiamo parlare di “Tradizione cattolica” come di qualcosa di specifico, che la distingue dalle tradizioni di altro contenuto? La caratteristica della Tradizione cattolica è quella di rappresentare le verità ed i valori contenuti nella dottrina e nella pastorale della Chiesa cattolica, che li propone ed insegna come verità di origine sovrannaturale. La Tradizione cattolica è cattolica proprio perché mantiene la pretesa di conservare ed insegnare la Verità Rivelata da Nostro Signore Gesù Cristo, Seconda Persona della Santissima Trinità, incarnatosi storicamente nell’ebreo Gesù di Nazareth, che ha dimostrato in parole ed opere di essere il Messia, il Figlio di Dio annunciato nelle profezie dell’Antico Testamento: Dio fatto uomo. Dal punto di vista del contenuto, in senso stretto ed autentico, la Tradizione cattolica è pertanto costituita dall’insegnamento di Nostro Signore per ciò che riguarda la fede e i costumi, ossia la religione e la morale, così come tale insegnamento risulta dai Vangeli e dall’insegnamento degli Apostoli, inizialmente solo orale e subito dopo messo per iscritto.
Tale insegnamento è perciò costituito dalle fonti scritte e non scritte (Corpo Neotestamentario e fonti non scritte) riconosciute ed accettate dalla Chiesa e si è concluso, come ha sempre ritenuto la Chiesa, con la morte dell’ultimo Apostolo. Le verità di origine sovrannaturale rivelate in questo insegnamento costituiscono da allora il deposito della fede, il cui mantenimento è il compito specifico del Sommo Pontefice, dei Vescovi, dei chierici tutti (nonché, per quanto sta a loro, dei fedeli).
Il “deposito” non può esser stravolto con insegnamenti ad esso contraddittori o comunque ad esso incompatibili. Certe verità di fede e della morale possono sempre esser spiegate in modo più chiaro e ciò è avvenuto in genere nei dibattiti teologici che si sono avuti in passato nel controbattere le eresie. Approfondimento nella delucidazione del dogma ma mai novità. Come è stato autorevolmente detto, il dogma della fede può enunciarsi nove (in modo «nuovo» quanto agli argomenti usati) ma mai introducendo nova, nuove cose, novità nel contenuto stesso del dogma.

27 gennaio 2010

Udienza del 27 gennaio 2010



16 gennaio 2010

Evento



Centro Ricerche e Studi della Tradizione


Abbazia di Casamari




con il patrocinio
dell’Onorevole Mario Baccini



"Stato dell'arte delle malattie rare in Italia.
Una proposta di legge per regolamentarle.
La testimonianza di un bambino
(Daniele Amanti)
per la speranza di tutti!"



Roma
Camera dei Deputati
Sala delle Colonne – Palazzo Marini
Via Poli 19

29 gennaio 2010
ore 15.30


Organizza
Fabrizio D’Antoni