NULLA VERITAS SINE TRADITIONE


13 dicembre 2019

L'Ordine del Drago



L'Ordine del Drago (in latino, Societas Draconistrarum; in ungherese, Sárkány Lovagrend; in rumeno, Ordinul Dragonului; in tedesco, Der Drachenorden; in croato, Zmajev Red) è stato un ordine militare cristiano di cavalieri, generalmente composto da principi e nobili.

Fondato nel 1408 dal re Sigismondo d'Ungheria, successivamente imperatore del Sacro Romano Impero tra il 1433 e il 1437, l'Ordine del Drago era, secondo i suoi statuti, obbligato a difendere la Santa Croce e a combattere i nemici del Cristianesimo. Venne pertanto impiegato nella lotta contro l'Impero Ottomano ma anche nel contrasto all'eresia hussita.

8 novembre 2019

Il vero Vlad Tepes



Secondo le tesi sostenute da Marinescu, lo stereotipo impressosi nell’immaginario collettivo, a seguito della fiction letteraria e dei successivi adattamenti filmici, sarebbe frutto di una distorsione sistematica degli elementi simbolici e mitici genuini rintracciabili nel tessuto della tradizione romena, fino a divenirne un effettivo capovolgimento.

Non si spiegherebbe altrimenti, a detta del saggista, come sia stato possibile trasformare un campione della Croce in accolito del demonio, la bevanda di vita salvifica per eccellenza – il sangue – nel laido nutrimento di un non-morto (che lo sottrae ad altre creature trascinandole nel suo destino di dannazione), il lupo, emblema della “funzione spirituale suprema” e “uno dei più antichi animali sacri dell’umanità”, in sinistro vessillifero delle forze diaboliche. E, di seguito, la caratterizzazione infera della cripta-loculo, custode del sonno diurno del “conte”, l’eros macabro e blasfemo diffuso in abbondanza nelle pagine stokeriane, la valenza invertita attribuita al colore nero.


Il testo di Marinescu è preceduto da una puntuale introduzione di Claudio Mutti (cui si deve pure la traduzione), che traccia un nitido ritratto storico del voivoda transilvano corredato di ragguagli linguistici e note aneddotiche sul presunto ispiratore (l’agente britannico ebreo Hermann Wamberger) del travisamento operato da Stoker.

5 ottobre 2019

Celti, Esseni e Cristianesimo



di Felice Vinci

Come è noto, numerosi studiosi tendono a porre Gesù nell'ambito degli Esseni. Costoro da un lato erano una sorta di setta ebraica, dall'altro medici e studiosi; vestivano di bianco ed al culto ebraico sembra sovrapponessero elementi di un culto solare. Sono attestati in Palestina a partire dal II secolo a.C..

Ora, ricordando che nel III secolo a.C. i Celti (= Galli) erano dilagati fino al Mediterraneo orientale ed avevano costituito un regno di Galati nell'attuale Turchia, non sembra irragionevole supporre che i Galli, alla fine della loro avanzata verso il sud-est del Mediterraneo, abbiano stabilito un avamposto in "Galilea" (cioè "terra di Galli") e che pertanto gli Esseni, attestati a partire dal secolo successivo, siano nati dalla commistione di elementi ebraici e di Druidismo celtico. Costoro avrebbero continuato a tenere fraterni rapporti con esponenti della madrepatria celtica (cioè le attuali Francia nonché Isole Britanniche, forse con estensione alla Spagna "celtibera" dove si trova anche una "Galizia").

In questo ambiente sarebbe nato Gesù, il cui nome è invero dio celtico; inoltre, per quanto ciò possa apparire ingannevole, l'uomo della Sindone sembrerebbe avere fattezze "indoeuropee"). Dopo la crocifissione, lui o la sua famiglia si sarebbero rifugiati in Gallia, dove avrebbero trovato un ambiente estremamente favorevole per la diffusione del messaggio. Ecco spiegata la tradizione della Maddalena in Francia, di Giuseppe d'Arimatea (che probabilmente era un membro della stessa confraternita, come Nicodemo e Lazzaro) e dei racconti celto-cristiani del Graal. Pertanto, mentre Pietro e Paolo esportavano a Roma una dottrina fortemente ebraizzata e poi romanizzata, nel frattempo in Gallia forse si diffondeva, negli ambienti druidici ancora ben presenti in epoca romana, un cristianesimo celtizzato, basato sul ricordo del grande "druido" nato in Palestina. Forse è questa l'origine del cristianesimo celtico, dalle spiccate connotazioni esoteriche, che secoli dopo avrebbe dato una grande impronta al mondo medioevale (pensiamo alla "Matière de Bretagne", alle cattedrali gotiche, ai Cistercensi, a San Bernardo, al templarismo...).

E Costantino? Costui, all'inizio del IV secolo, si impone a Roma provenendo da York (la romana Eboracum, in Inghilterra meridionale, di cui era il governatore) con un esercito celtico (con la croce sugli scudi, tipico "logo" celtico). Non è affatto assurdo ritenere che in tale esercito fosse già diffuso il messaggio cristiano (veicolato, presumibilmente, attraverso il druidismo d'Oltralpe): Costantino pertanto -ecco il probabile perché del successo della sua politica di cristianizzazione- una volta divenuto imperatore avrebbe per così dire ricongiunto i due tronconi, quello "celtico" del suo esercito e quello "romanizzato" di un cristianesimo che si era nel frattempo sviluppato a Roma ad opera di Paolo, Pietro e dei successori di quest'ultimo, e che fino ad allora era stato perseguitato (successivamente, sappiamo bene che nel Medioevo queste due componenti si sarebbero scontrate in un tragico conflitto, che ha portato alla fine dell'una e alla decadenza dell'altra).

Così pure si spiega da un lato la singolarità del cristianesimo celtico e delle sue leggende, dall'altro la costante, strenua difesa della Chiesa cattolica da parte della Francia, protrattasi addirittura fino all'intervento del 1849 contro la Repubblica Romana, e dunque non legata soltanto alla geopolitica. D'altronde, ancora adesso il cristianesimo, sia pure romanizzato, è la bandiera dell'Irlanda, cioè la terra dove si sono mantenute più vive le antiche tradizioni celtiche.
In ogni caso il cristianesimo, visto sotto questa luce, in sostanza appare -a parte il genio del suo fondatore- come il prodotto di quattro culture distinte, ciascuna delle quali avrebbe portato un suo specifico contributo:

- quella celtica, risalente direttamente a Gesù nonché presumibilmente agli Esseni ed al "bagno" iniziale in terra gallica; di qui non solo il successivo ciclo del Graal, ma anche influssi "indoeuropei" riconoscibili già negli stessi vangeli, quali ad esempio la parabola delle vergini che devono tenere acceso il fuoco in attesa dello sposo: è il concetto delle "spose del Sole", che ritroviamo nelle Vestali romane ma anche tra gli Incas; od anche il riferimento alle "porte dell'Inferno" (concetto astronomico presente sia in Omero che in India e in Iran, come ho cercato di mostrare nel mio Omero nel Baltico) e le chiavi d'oro e d'argento di Pietro, da cui la bandiera gialla e bianca del Vaticano;
- quella ebraica (ovviamente; forse dovuta più a Pietro che allo stesso Gesù; peraltro sappiamo bene quanta poca simpatia vi sia stata fra Ebrei e cristiani fino a tempi recenti);
- quella greca (soprattutto nei Padri della Chiesa; ma pensiamo anche a concetti quali il "porgere l'altra guancia", concetto socratico ancor prima che evangelico, ripreso par pari dal Gorgia di Platone, o all'altrettanto socratico "amaro calice", che evoca irresistibilmente la cicuta usata per sopprimere un giusto al termine di un altro ben noto processo);
- quella romana (il diritto e le istituzioni ecclesiastiche).

Inoltre, le fonti storiche ci dicono che gli Esseni rivolgevano una preghiera mattutina rivolti al Sole. Sul contenuto di tale preghiera esse tacciono; tuttavia, a nostro avviso, non sarebbe troppo azzardato congetturare che si tratti proprio del Padre Nostro, tramandatoci dai Vangeli come preghiera insegnata ai discepoli da Gesù in persona. Infatti, rileggendolo in modo spregiudicato, "Padre nostro che sei nei cieli" appare essere una chiara invocazione al Sole (e ciò che segue è coerente); inoltre, "dacci oggi il nostro pane quotidiano" conferma che si tratta di una preghiera del mattino, prima dell'inizio delle attività della giornata. Riletto in questa ottica, il "Padre nostro" sarebbe addirittura accostabile all'inno al Sole di Amenophis IV-Ekhnaton, il quale a sua volta potrebbe aver recuperato aspetti arcaici della religione egizia, in cui il tema solare è ben presente, magari fusi con apporti di origine Hyksos, che secondo certi studi attuali, sviluppati da studiosi dell'Università di Teheran, sarebbero non semiti bensì indoeuropei (incidentalmente, il controverso passaggio "Non ci indurre in tentazione…" su cui si sono sempre affannati gli esegeti, si potrebbe intendere non nel tradizionale senso "Non ci tentare", che sia teologicamente che logicamente è insostenibile, bensì nel senso "Non indurci a tentarti", cioè non metterci nelle condizioni di tentare te -ad esempio, con frasi, spesso dettate dalla disperazione, tipo "se Dio esiste, deve farmi un miracolo"- anche considerando che nelle scritture è sempre l'inferiore che tenta il superiore, cioè il diavolo tenta l'uomo e l'uomo tenta Dio, mai viceversa.

In ogni caso, partendo dal legame, per così dire "circolare", che sembra unire gli Esseni e i Celti alla figura di Gesù ed allo stesso Cristianesimo, si possono spiegare molte cose finora assai poco chiare, in primis la straordinaria diffusione che la nuova religione ebbe sin dalle sue origini. Infine, per concludere, potremmo ancora osservare che, riletto in quest'ottica, il trionfo del Cristianesimo si potrebbe interpretare, più che in chiave di continuità con l'Impero Romano, quasi come una sorta di "rivincita" dell'antico druidismo contro le legioni da cui secoli prima era stato schiacciato.

4 settembre 2019

Preghiera a San Michele Arcangelo



Sancte Michael Archangele,
defende nos in proelio;
contra nequitiam et insidias diaboli
esto praesidium.
Imperet illi Deus,
supplices deprecamur:
tuque, Princeps militiae caelestis,
Satanam aliosque spiritus malignos,
qui ad perditionem animarum
pervagantur in mundo,
divina virtute, in infernum detrude.
Amen


23 giugno 2019

L'Anfiteatro delle Scienze Morte



Per merito della libreria editrice torinese Psiche 2 e dello studioso Luca Sartore, sono oggi disponibili le traduzioni italiane dei volumi della serie "L'Anfiteatro delle Scienze Morte", del grande Joséphin Péladan. Tra essi, l'incomparabile capolavoro de "L'Occulto Cattolico", il libro che ogni "vero" cattolico dovrebbe leggere. Quale migliore occasione delle prossime vacanze estive, per immergersi in questa piacevole lettura?


    

    

    

19 maggio 2019

Un grande cistercense: San Bernardo di Clairvaux



Non si può parlare dell'Ordine Cistercense senza nominare San Bernardo di Clairvaux, anche perché la figura di questo illustre santo e dottore della Chiesa costituisce l'anello di congiunzione tra i monaci Cistercensi, che grazie alla sua influenza divennero uno degli ordini religiosi più ricchi e più influenti del Medioevo, e i Templari, la cui costituzione egli raccomandò caldamente al Papa e per i quali contribuì alla redazione della Regola, ricalcandola su quella benedettina dei Cistercensi stessi.

Bernardo nacque a Fontaine-lès-Dijon, in Borgogna, nel 1090, da una famiglia profondamente cristiana. Studiò presso i canonici secolari di St.Vorles a Chatillon-sur-Seine, ma rifiutò di intraprendere la carriera ecclesiastica in Germania. Si ritirò invece presso il monastero di Cîteaux, dove si cercava di vivere la regola benedettina secondo lo spirito originale. Il suo arrivo diede nuovo slancio e suscitò nuove vocazioni.

Cinque anni dopo, partì insieme a dodici compagni, per fondare una nuova abbazia in una località che egli volle chiamare Clairvaux: Chiaravalle. I suoi nuovi compagni erano inizialmente figli della nobiltà, poi arrivarono anche contadini e gente del popolo. I monaci facevano una vita semplice, si dedicavano all'agricoltura e all'allevamento del bestiame, introducendo anche delle tecniche avanzate. Bernardo era di esempio ai suoi monaci nell'osservanza della Regola e maestro nello spiegarla.

Di particolare rilievo, le sue opere sull'umiltà e sull'amore di Dio. Sostenne e fece riconoscere da tutti, come legittimo successore di Pietro, papa Innocenzo II, al quale era stato contrapposto Anacleto II. Cantore di Maria, propose la Santa Vergine come modello di vita per tutti. San Bernardo morì a Clairvaux il 20 agosto 1153, venne proclamato santo nel 1174 e dottore della Chiesa nel 1830.

20 aprile 2019

I Cistercensi



Il 21 marzo 1098, equinozio di Primavera e festa di San Benedetto e, in quell'anno, anche Domenica delle Palme, ventuno monaci, con a capo l'abate Roberto di Champagne, lasciarono il monastero di Molesme per fondare, nella Borgogna francese, 20 chilometri a sud di Digione, un nuovo insediamento monastico, che fu chiamato "Nuovo Monastero". Come sede per il suo ordine, Roberto scelse un luogo solitario chiamato Cistercium (da cui la denominazione di "Cistercensi"), l'odierna Cîteaux, e cominciò a seguire un rigido stile di vita più consono alle regola benedettina originale, il cui senso era stato fortemente alterato a Molesme. Oltre a Roberto, un notevole contributo al buon esito dell'operazione venne dato da altri due religiosi, Alberico Stefano, considerati co-fondatori dell'Ordine. Alberico, infatti, ottenne la concessione della protezione apostolica su Cîteaux dal papa Pasquale II con la bolla "Desiderium quod" dell'aprile 1100, che assicurava al "Nuovo Monastero" assoluta indipendenza da Molesme. Stefano si preoccupò di conservare lo spirito del rinnovamento cistercense, promovendo disposizioni tese alla salvaguardia della povertà e della quiete monastica. Nel XII secolo, grazie anche al contributo di Bernardo di Clairvaux, l'Ordine era diventato quasi una potenza temporale, per l'estensione delle sue proprietà e per la sua influenza, conquistate grazie alla capacità di adattamento e di valorizzazione del propri beni. Questa agiatezza, in seguito, diventerà la causa della loro decadenza. In questo periodo, comunque, nascono le più grandi ed importanti abbazie cistercensi, in Italia, ma soprattutto in Francia.

         
                                 

         
                                    
(linee di: Clairvaux, La Ferté, Cîteaux, Morimond, Pontigny)

Dal XIII secolo, con il diminuire del reclutamento, è necessario ricorrere ai canoni di affitto per continuare a beneficiare dei terreni e, poco a poco, si prende l'abitudine di vivere non più del lavoro delle mani, ma delle rendite delle proprietà dei monasteri. Tuttavia, malgrado la nascita degli ordini mendicanti, quello cistercense continuerà la sua espansione e, all'inizio del XIV secolo, comprenderà 725 case di monaci.
Il XIV e il XV secolo saranno difficili da vivere per tutta l'Europa, compresi i monaci cistercensi; i regnanti confiscano i beni ecclesiastici, i conflitti armati si allargano, le grandi epidemie diffondono, dappertutto, i loro danni; infine, la nascita dell'Umanesimo contribuisce, da parte sua, al crollo della società medioevale.
Nel XVI secolo non figura nessuna nuova fondazione, ma la Riforma metterà in atto la scomparsa irreversibile di più di 200 monasteri, mentre la maggior parte degli altri saranno devastati. Nello stesso periodo compare il sistema commendatario, che indebolisce l'Ordine monastico e non permette di prendere misure di risanamento in campo disciplinare o economico.
La difficoltà dei tempi rende ardua la partecipazione ai Capitoli Generali. È nel XVI secolo che si affermano maggiormente le congregazioni nell'Ordine. Si tratta di monasteri che appartengono a una stessa regione e sottomessi a una medesima autorità politica e i cui superiori si riuniscono in Capitolo Generale, a intervalli regolari.
Seguendo le decisioni del Concilio di Trento, che ha richiamato con fermezza ai religiosi e alle religiose i loro doveri e impegni, comincia un grande movimento di ripresa e nasce un vivo desiderio di ritorno al fervore primitivo, particolarmente nei monasteri della filiazione di Clairvaux. Questo movimento costituisce ciò che è stato chiamato Stretta Osservanza, in contrapposizione alla Comune Osservanza.
Nella seconda metà del XVII secolo, il più celebre rappresentante di questa corrente è l'abate De Rancé, abate commendatario della Trappa, in Normandia. Ristabilisce le osservanze tradizionali, astinenza, lavoro dei campi, clausura, silenzio, veglie, mettendo l'accento soprattutto nella mortificazione e nell'ascesi. Nello stesso periodo della riforma dell'abate De Rancé, a Sept-Fons, a Tamié, a Orval altri abati riorganizzano la vita regolare nelle loro comunità.

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24 marzo 2019

San Simonino Martire Tridentino



Beato Simone da Trento
(festa liturgica 24 marzo)



Simone di Trento fu martirizzato il 23 marzo 1475. Dopo un’accurata inchiesta, la Chiesa riconobbe la realtà del martirio dell’innocente fanciullo.
Nel 1584, il suo nome fu iscritto nel Martirologio romano col titolo di santo, su ordine di Papa Gregorio XIII; nel 1588, Papa Sisto V concesse per la diocesi di Trento Messa e Officio proprio del Beato Simonino.
La Bolla Beatus Andreas del 22 febbraio 1755, del Papa Benedetto XIV, riconobbe nuovamente il culto prestato a San Simonino, affermando che “fu crudelmente messo a morte in odio alla fede”, culto confermato da innumerevoli miracoli.
Il popolo di Trento ha venerato il suo piccolo patrono fino ai giorni nostri.



10 febbraio 2019

Un Grande di tutti i tempi: Sant'Agostino



Sant'Agostino nacque in Africa, a Tagaste, nella Numidia, il 13 novembre del 354, da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Dalla madre ricevette un'educazione cristiana ma dopo aver letto l'Ortensio di Cicerone abbracciò il manicheismo.
Nel 38 viaggiò sino a Milano, dove conobbe Sant'Ambrogio. L'incontro si rivelò importante per il cammino di fede di Agostino: convertitosi alla fede cattolica, fu battezzato dallo stesso Sant’Ambrogio. Ritornato in Africa con il desiderio di creare una comunità di monaci, dopo la morte della madre si recò a Ippona, dove venne ordinato sacerdote e poi vescovo. Qui, fu per trentaquattro anni maestro del suo gregge, che istruì con sermoni e scritti, esponendo con sapienza la retta fede.
Oltre a scrivere opere teologiche, Agostino intraprese un'intensa lotta contro le eresie, a cui dedicò parte della sua vita, meritandosi il titolo di Dottore della Chiesa. Nel 429, mentre Ippona era assediata dai Vandali, il santo si ammalò gravemente. Morì il 28 agosto del 430, all'età di 76 anni.

12 gennaio 2019

Emblemi Eucaristici: il Polpo