NULLA VERITAS SINE TRADITIONE


14 ottobre 2023

Le origini dei poemi omerici non sono mediterranee (prima parte)

 


Nel lontano 1903, Bal Gangadhar Tilak, attivista e politico indiano, pubblicava “La dimora artica nei Veda”, opera nella quale si sosteneva, sulla base di una meticolosa analisi dei testi sacri agli Indù, che la patria originaria (Urheimat) degli Arii fosse da collocare in prossimità del Polo Artico. La tesi del Tilak aveva qualcosa di sensazionale e non passò inosservata: viene citata sia dallo studioso francese della Tradizione René Guénon nel suo “Forme tradizionali e cicli cosmici” (1970, pubblicazione postuma) che da Julius Evola in “Rivolta contro il mondo moderno” (1930). Ma i Veda non sono i soli testi della Tradizione a far riferimento a una patria polare degli Arii, dal momento che si parla dell’ “Airyana Vaejah” nell’Avesta persiana, che il prof. Onorato Bucci ricollega nei suoi studi alla sede di origine nordica.

Anche tra i testi del periodo classico gli esempi non mancano: il navigatore Pitea (circa 380 a.C. – circa 310 a.C.) nei suoi scritti fa riferimento all’isola di Thule, terra di fuoco e ghiaccio nella quale il sole non tramonta mai, a circa sei giorni di navigazione dall’attuale Gran Bretagna. Secondo la sua descrizione l’economia del paese sarebbe stata legata prevalentemente all’agricoltura, mentre l’alimentazione dei suoi abitanti sarebbe stata costituita da frutta e latte, oltre che da una particolare bevanda fatta di grano e miele che loro stessi fabbricavano. A differenza delle popolazioni dell’Europa meridionale, gli abitanti di questa isola avevano granai all’interno dei quali effettuavano la trebbiatura dei cereali.

La questione di una possibile dimora originaria nordica degli Arii è stata riportata in auge in tempi relativamente recenti da un interessante studio di un ingegnere italiano, Felice Vinci, dal titolo “Omero nel Baltico”, libro che in meno di vent’anni è giunto alla quinta edizione.

Secondo la tesi dell’autore, i poemi omerici presenterebbero delle descrizioni geografiche e climatiche che non troverebbero alcun riscontro nell’area del Mediterraneo. I riferimenti alla “fitta nebbia”, il mare che appare “livido” e “brumoso”, il costante incontro che i personaggi delle vicende fanno con agenti climatici quali nebbia, vento, freddo, pioggia e neve sono certamente inverosimili, se non improbabili, per un clima caldo come quello mediterraneo, trovando semmai riscontro in quello freddo del nord. Non a caso i personaggi omerici vestono con tunica e “folto mantello”.

Lo stesso Vinci sottolinea che in tempi recenti alcuni studiosi sono riusciti a decifrare la lingua micenea (“lineare B”), delle tavolette provenienti da Cnosso, Pilo e Micene, mettendo in rilievo l’assoluta mancanza di contatto tra la loro realtà geografica e quella di Omero.

La questione relativa alla geografia delle opere omeriche non è certamente un’esclusiva dei nostri tempi, dal momento che era già dibattuta nell’antichità. Eratostene (matematico, astronomo, geografo e poeta, Cirene, 276 a.C. – Alessandria d’Egitto, 194 a.C.), ad esempio, descriveva Omero come un inventore di favole, mentre Strabone (storico e geografo greco, 63 a.C. – 23 d.C.), che considerava il poeta il fondatore della scienza geografica, non mancava di sottolineare alcune stranezze, come l’isola di Faro, che, situata nei pressi del porto di Alessandria, veniva inspiegabilmente collocata a un giornata di navigazione dall’Egitto. Anche la posizione di Itaca, che ritroviamo descritta con precisione nell’Odissea, (secondo Omero è la più occidentale di un arcipelago che comprende tre isole maggiori: Dulichio, Same e Zacinto) non trova alcuna corrispondenza nella realtà geografica dell’omonima isola nello Ionio, la quale è collocata a nord di Zacinto, a est di Cefalonia e a sud di Leucade, e, anche dal punto di vista topografico, ha ben poco a che vedere con l’Itaca omerica.

Continuando a sfogliare il folto elenco di incongruenze e anomalie, troviamo la descrizione pianeggiante del Peloponneso, riportata in entrambi i poemi omerici, quando in realtà essa si presenta come una zona montuosa, o la successione delle tappe del viaggio di Ulisse che ha lasciato non poche perplessità agli studiosi dal momento che evidenzia una totale mancanza di logica itinerante.


da “Il Mito di Theuth”